Oggi, come ogni 25 novembre da tanti anni, parliamo di violenza di genere. Lo facciamo con installazioni artistiche, immagini di scarpe rosse, ricordo di nomi che erano vite, vite spezzate da chi diceva di amarle.
Ricordare è giusto e, come in tanti altri casi, ci piace sottolineare che giornate come questa sono fondamentali. Un minuto in più trascorso a parlare dell’importanza di denunciare un compagno maltrattante e di non sottostare a frasi come “Perché lavori? Tanto lo stipendio a casa lo porto già io” è oro, è una vita o più vite salvate.
Tutto questo è fondamentale perché le storie di violenza e soprusi sono attorno a noi. Hanno il volto dell’amica che ha paura di parlare e che finge di essere lusingata da un uomo che la tempesta di messaggi per chiederle dove sia. Hanno il volto di donne guerriere come Valentina Pitzalis, vittima dell’indicibile ferocia dell’ex marito, perito nel tentativo di darle fuoco, portata sul banco degli imputati e dipinta non come carnefice ma come vittima.
In questi e in tanti altri casi, è doveroso ricordare e dare spazio alle parole e ai gesti giusti. Farlo vuol dire non aver paura di dire all’amica che no, il controllo ossessivo non è amore, oppure dare il proprio contributo alla campagna “Un Sorriso per Vale”, una raccolta fondi che si propone di aiutare la giovane sarda a chiudere i conti con un passato che l’ha vista costretta a difendersi dall’accusa di essere l’assassina di colui che l’ha sfigurata per sempre.
Il volto di Valentina dilaniato dal fuoco racconta una storia che deve farci fermare un attimo a pensare a come possiamo fare la differenza nella vita delle nostre amiche, colleghe, sorelle che abbiamo il sospetto stiano vivendo una situazione di abuso.
Non dobbiamo avere paura di fare poco: i cerchi formati da un sacco lanciato in acqua sono piccoli, ma man mano crescono e inglobano ogni cosa. Vale lo stesso per l’amore, l’ascolto, l’empatia che è necessario mettere in primo piano quando incontriamo una storia di violenza di genere, adesso come mai prima.
Il mondo si è fermato, è ritornato a correre e ha rallentato di nuovo: non si può dire lo stesso per i femminicidi – ai 91 di questi mesi del 2020 se ne sono aggiunti altri due nella giornata di oggi – e per le chiamate al 1522, aumentate del 73% durante il lockdown.
Questi numeri ci chiamano all’azione, sempre con accanto uomini dal cuore grande e consapevoli della straordinarietà di ogni donna. Ci chiamano all’azione e noi vogliamo fare lo stesso con voi che ci seguite, invitandovi a dedicare qualche minuto quella telefonata per chiedere “Come stai?” all’amica che ha smesso di lavorare perché il marito le ha chiesto di farlo. Sono parole che, ribadiamo, possono salvare una vita.