Ottobre, come ben si sa, è il mese rosa, dedicato allo screening per il tumore al seno. Anche se negli ultimi anni sono stati fatti passi avanti enormi – la sopravvivenza a 5 anni ha ormai superato l’80% – il tumore alla mammella rimane il più diagnosticato tra le pazienti di sesso femminile. Guardando ai dati italiani nel 2020 – la fonte è Aogoi – questa neoplasia, affrontata da molte celebrità che ne parlano anche sui social sradicando tabù e sensibilizzando i propri follower – ha rappresentato il 14,6% delle diagnosi.
Con un’incidenza in lieve incremento, questa malattia può essere combattuta con diverse armi. Qual è la più forte? La conoscenza. La conoscenza è potere. Non parliamo solo di quella relativa alle tecniche di screening, ma anche della consapevolezza dell’esistenza di diversi miti da sfatare. Nell’elenco è possibile citare la preoccupazione, priva di fondamento scientifico, che vede i deodoranti e la depilazione come fattori di rischio. Altrettanto insensato è il pensiero che l’ago aspirato, un esame che può avere una profonda rilevanza in ambito diagnostico, sia causa di una diffusione delle cellule tumorali eventualmente presenti.
Altrettanto importante è conoscere i segnali d’allarme che devono portare a rivolgersi tempestivamente a un medico. Nell’elenco è possibile includere i noduli duri alla palpazione a livello ascellare, così come i gonfiori anomali del seno e l’arrossamento inspiegato del capezzolo.
Fondamentale è poi sottoporsi a regolari controlli di screening – dopo i 30 anni, per esempio, l’indicazione è quella di un’ecografia ogni due anni e dai 40 di una mammografia annuale – e non dimenticare l’autopalpazione. Il momento migliore per farla è 9 giorni circa dopo la comparsa del flusso mestruale. Basilare è altresì procedere sia da in piedi, meglio se davanti allo specchio, sia da sdraiate. Tornando all’aspetto dei controlli medici, è essenziale sottolineare che si tratta di indicazioni di massima. Le raccomandazioni specifiche variano da donna a donna e tengono conto anche di casi di familiarità alla neoplasia.
La conoscenza, ribadiamo, è un’arma potentissima, che dobbiamo utilizzare su di noi ma anche sulle donne accanto alle quali camminiamo. Spendere qualche minuto a rassicurare quell’amica che ha paura di farsi controllare per via del timore di ricevere una brutta notizia vuol dire, in alcuni frangenti, salvarle la vita. Quello che conta è che l’attenzione prosegua ben oltre la fine di questo mese che, come tutti gli anni, accende ulteriormente i riflettori su un tema che mai e poi mai dovrebbe essere messo in secondo piano.