Davanti a campagne come quella per il Fertility Day del 22 settembre il sentimento che prevale è l’amarezza.
Non è possibile reagire in maniera diversa quando un committente pubblico come il Ministero della Salute promuove una campagna di comunicazione lontana anni luce dalla realtà di un Paese dove sì, si fanno sempre meno figli, ma per motivi più che leciti.
Parlare di epic fail social è riduttivo: con le grafiche che sono state diffuse nella giornata di ieri – e che hanno fatto in poche ore il giro del web a suon di commenti indignati che hanno portato all’oscuramento del sito e della pagina Facebook dedicati all’iniziativa – siamo ben oltre.
Siamo davanti a quella che è stata giustamente definita un’offesa non solo alle donne che non hanno figli ma anche a quelle che ogni giorno si mettono in gioco, professionalmente e personalmente, in un contesto che non favorisce l’occupazione femminile e non incentiva la maternità per via di un welfare imparagonabile a quello di altre realtà europee.
Slogan come “La bellezza non ha età, la fertilità sì” sono un modo per ridicolizzare il corpo femminile e davvero non aggiungono nulla a quello che è senza dubbio un tema importante, che sarebbe stato opportuno affrontare parlando magari di quanto possa essere difficile rimanere incinta e delle buone pratiche più utili per evitare un aborto nelle primissime e delicate settimane di gravidanza.
La maternità è un percorso sul quale esistono punti di vista differenti. Non rendersi conto che non tutte la cercano e che per alcune rappresenta un vero e proprio miraggio significa vivere uno scollamento pauroso da un mondo reale in cui le donne non hanno certo bisogno di sentirsi giudicate e colpevolizzate per le loro scelte private, tra le quali è compresa la decisione di mettere al mondo un figlio.
