Le nostre strade, da qualche giorno a questa parte, sono piene di installazioni rosse, di poster, di inviti a eventi in cui parlano esperti di psicologia, criminologia, ginecologia e giurisprudenza.
Lo stesso vale per i social, con personaggi più o meno famosi che prestano il loro volto per sensibilizzare in merito al problema della violenza sulle donne. Questo dramma, nel solo 2018, ha portato a un femminicidio ogni 72 ore (dati Istat).
Ben venga che se ne parli, è oggettivamente meglio di niente ma, parliamoci chiaro, tutto questo non ci può salvare. Non può farlo la panchina rossa nel parco sotto casa e neppure il reading di poesie organizzato nel pomeriggio presso la scuola di nostro figlio.
Possono invece l’ascolto, l’empatia, la capacità di andare oltre alle citazioni letterarie per spiegare alle ragazze (fin dai primi anni dell’adolescenza) che non c’è amore dietro al controllo continuo, alle battute sul modo di vestire, sulla scelta di far convivere famiglia e lavoro o di volersi realizzare concentrandosi solo sull’aspetto professionale.
Può la serata passata a parlare ore e ore con l’amica che ha appena concluso una relazione tossica e che sta pensando di tornare sui suoi passi perché, in fondo, “Lui è dolcissimo… anche se controlla ogni passo che faccio e denigra il mio percorso professionale”.
Può il fatto di parlare chiaro con le proprie figlie, iniziando a spiegare loro fin dall’infanzia che la dipendenza non è amore. Può non scordarci mai di quanto possiamo essere belle, forti, capaci di affrontare le avversità e piene di coraggio quando si tratta di chiedere aiuto perché ci siamo rese conto che la relazione che stiamo vivendo non è sana.
Tutto questo può salvarci ed è nostro dovere ricordarlo ogni giorno a noi stesse, ma anche e soprattutto alle donne e agli uomini che abbiamo attorno.