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Violenza sulle donne: ecco perché dobbiamo riflettere tutti i giorni

25 Nov 2015

 

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Le scarpe rosse sono il simbolo del 25 novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita nel 1999 in ricordo del brutale assassinio delle tre sorelle Mirabal, uccise nel 1960 in Repubblica Dominicana.

Quanto sono cambiate le cose da allora? Senza dubbio tanto e per capirlo basta guardare i passi avanti compiuti a livello normativo, con l’istituzione di leggi  per esempio quella sullo stalking – e con la diffusione dei centri anti violenza.

Purtroppo però i numeri sono ancora spaventosamente alti: in Italia, secondo i dati Istat di giugno 2015, sarebbero più di 6 milioni le donne che hanno subito una violenza. È un dato che fa paura e che dovrebbe far riflettere non solo oggi ma ogni giorno, perché tra quelle 6 milioni di donne potrebbe esserci qualcuno che conosciamo – una collega di lavoro, un’amica, una parente – e che magari non trova la forza di urlare il suo dolore e di chiedere aiuto.

Madri, lavoratrici, mogli e fidanzate: la violenza sulle donne è trasversale e “democratica”, non fa differenza se sei bella, alta, magra, grassa, ricca o povera. Chi subisce violenza sia fisica e/o psicologica è vittima di un carnefice, da cui molto spesso è difficile scappare a causa della paura e delle giustificazioni che le stesse vittime tendono a dare.

Solo il comportamento del singolo può fare la differenza e cambiare davvero la situazione  grazie ad educazione e cultura. Per questo è fondamentale continuare ad agire attraverso campagne di sensibilizzazione. Importante lavorare soprattutto sui giovani, gli adulti di domani, insegnando loro il valore e il rispetto per le donne.

In Italia, dove il numero di donne che non denunciano le violenze è molto alto, ci vuole proprio una rivoluzione culturale e, ripetiamo, soltanto la consapevolezza di quanto possa fare la differenza l’impegno personale può favorire la svolta.

Educare e ascoltare: queste le chiavi per contrastare il fenomeno e per aiutare le donne che lo vivono a uscirne, denunciando i soprusi e riprendendosi la propria vita.

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