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Bisturi, protesi e macchina da presa: quando il cinema parla di chirurgia estetica

05 Mag 2016

lamortetifabellaIl tema della chirurgia estetica e della trasformazione del corpo ha da sempre esercitato un grande fascino sui registi di tutto il mondo, da ben prima che sceglierla smettesse, per fortuna, di essere un tabù.

Parlare del rapporto tra il cinema e la chirurgia estetica ci porta a riscoprire pellicole con attori indimenticabili come Humprey Bogart, che nel lontano 1947 ha interpretato un uomo accusato ingiustamente dell’omicidio della moglie, che evade dal carcere e si sottopone a numerosi interventi per cambiare i tratti del volto e riuscire così a dedicarsi alle ricerche dell’assassino senza farsi riconoscere. Si tratta del film La fuga, che lo ha visto recitare accanto alla splendida moglie Lauren Bacall.

Come non citare poi La pelle che abito, film uscito pochi anni fa e diretto da Pedro Almodovar? Il genio del cinema spagnolo ha impiegato circa dieci anni per scrivere la sceneggiatura incentrata sulla storia di un chirurgo che, ossessionato da una giovane di nome Vera, sperimenta su di lei diverse tecniche di chirurgia estetica nella sua clinica privata in mezzo alla campagna.

Tra narcisismi esasperati – e qui i ricordi vanno al personaggio di Meryl Streep nel grottesco film La morte ti fa bella – e operazioni a dir poco assurde, la chirurgia estetica è un argomento molto apprezzato da registi e pubblico. La cosa non stupisce, considerato che la ricerca della perfezione esteriore, grazie ai ferri e alla sapienza dei medici, fa parte della storia dell’uomo fin dai tempi dell’antico Egitto, quando sui papiri si descrivevano le tecniche di risoluzione dei traumi facciali.

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