da sx Chiara Nasti e Selvaggia Lucarelli
Chiara Nasti. Chi è? E’ una sedicenne. E perché il suo nome rimbalza all’impazzata soprattutto negli ultimi giorni sulle notizie web? Perché oltre ad essere una delle fashion icon italiane più influenti grazie ai suoi migliaia di seguaci sui social, ha fatto scalpore la crescita di almeno tre taglie del suo seno. La diatriba è sorta dopo gli scatti in costume da bagno pubblicati dalla blogger sul suo profilo Instagram e la dichiarazione: “Prima ammettevo di essere completamente piatta. Secondo me, è più vergognoso ammettere di essere ‘piatta’ che dire di avere rifatto il proprio seno”.
Eccoci. Parte la polemica. E allora c’è chi dice che è tutto merito di photoshop, chi l’addita di essere troppo giovane per sottoporsi a una mastoplastica additiva, chi poi la asseconda dicendo che con lo sviluppo questi cambiamenti sono la normalità.
Si schiera dalla parte della critica anche Selvaggia Lucarelli, una delle più sagaci e intelligenti donne in circolazione sul web, che fa riflettere (come sempre) sulla questione: a soli tredici anni Chiara Nasti pubblicava le sue foto sui social, a quindici apriva un blog e a diciassette anni si ‘rifà le tette’ con la benedizione dei genitori, facendo credere a tutti che l’improvviso aumento del seno sia dovuto ancora allo sviluppo. E ancora, dall’etere web consiglia alla giovane di studiare un pò, farsi meno selfie, così da non fare di certo fatica a sapere che il termine “vergognoso” non è sinonimo di “imbarazzante”.
A tal proposito e a ognuno la sua opinione su caso della Nasti, come organizzazione che opera nella chirurgia e medicia estetica riportiamo testualmente la legge che vieta tuttora gli interventi di mastoplastica additiva sulle pazienti minorenni ai sensi dell’art. 2 della legge 86/2012:
“L’impianto di protesi mammaria a soli fini estetici è consentito soltanto su coloro che abbiano compiuto la maggiore età. Il divieto di cui al primo periodo non si applica nei casi di gravi malformazioni congenite certificate da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o da una struttura sanitaria pubblica.
2. L’inosservanza del divieto di cui al comma 1 è punita con l’applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma pari a 20.000 euro a carico degli operatori sanitari che provvedono all’esecuzione dell’impianto. Gli operatori sanitari che provvedono all’esecuzione dell’impianto sono altresì sottoposti alla sospensione dalla professione per tre mesi.”