“Buona la prima“, si dice sui set cinematografici, e in molti casi questa affermazione corrisponde a verità. Non è sempre così per la chirurgia estetica, e lo dimostra il fatto che circa il 16% degli interventi eseguiti in Italia nel corso del 2013 sia stato effettuato con lo scopo di rimediare a precedenti operazioni mal riuscite o poco soddisfacenti.
Il dato arriva da Aicpe, e rappresenta un riferimento molto interessante per capire l’approccio alla disciplina sia da parte del paziente, sia da parte del medico. Il rapporto che si instaura tra il chirurgo e chi decide di tornare sotto i ferri dopo un intervento estetico andato male è estremamente delicato: è necessario procedere con estrema cautela, al fine di evitare ripercussioni psicologiche magari difficili da risolvere.
La professionalità del medico è ovviamente nodale quando si parla di chirurgia estetica e non solo, ma anche i pazienti devono contribuire alla buona riuscita del processo operatorio. In che modo è possibile raggiungere questo obiettivo? Interiorizzando la consapevolezza che la chirurgia estetica è tutto tranne che un percorso perfetto. Il medico è un professionista della salute, non un dispensatore di miracoli dotato di bacchetta magica.
Certe esasperazioni che continuano purtroppo a essere all’ordine del giorno possono far dimenticare questo aspetto, e portare a credere che la chirurgia estetica sia in grado di risolvere tutti i problemi, e di soddisfare anche le richieste più folli. Le cose non vanno affatto in questo modo, e ai medici e a chi si occupa d’informazione sanitaria spetta il compito di ricordare che la chirurgia estetica è utile, ma il vero miracolo può farlo chi ogni giorno si guarda allo specchio, e impara ad amarsi nonostante le piccole imperfezioni.